L’Astronave (Himmelskibet/A trip to Mars)

Chissà se tra i personaggi ispiratori delle imprese, compiute o desiderate, di Elon Musk c’è anche Avanti Planetaros, il protagonista di Himmelskibet, film muto danese del 1918. Non solo è tra i primi film di fantascienza della storia del cinema, ma probabilmente il primo ad aver portato l’uomo su Marte. Quello che Musk ha promesso di fare entro il 2026. Di ritorno da una spedizione scientifica durata un anno, Planetaros, capitano di Marina e poi anche aviatore, è alla continua ricerca di nuove sfide. La prossima gliela lancia suo padre astronomo: superare qualsiasi limite geografico, decollare dalla Terra ed esplorare nuovi pianeti. L’ardito accetta la sfida suscitando lo scetticismo e l’irrisione dell’illustre scienziato professor Dubius.

Nel suo osare riecheggia addirittura la grandezza di Cristoforo Colombo: nel ritratto appeso in salotto Planetaros arriva a specchiare con orgoglio le sue ambizioni. Con due anni di lavoro è finalmente a punto l’impresa da presentare alla Società scientifica. Destinazione: Marte. Sulla navicella Excelsior, capace di viaggiare a una velocità di 12mila km orari, Planetaros fa salire alcuni volontari. Dopo un viaggio di sei mesi, un tentativo di ammutinamento e uno scampato incidente, l’equipaggio atterra finalmente sul Pianeta rosso. Ad accogliere i terrestri c’è una popolazione accogliente e quasi in adorazione. Tutt’altro che una minaccia. I marziani sorprenderanno Planetaros – e anche noi spettatori – per lo spirito che li anima.

Nella descrizione dei marziani e della relazione che nascerà con gli ospiti emerge l’idealismo degli autori del film, il regista danese Holger-Madsen e lo sceneggiatore Sophus Michaëlis, di professione scrittore, che dal copione trarrà poi un romanzo omonimo. Il film uscì in Danimarca nel febbraio del 1918, a quasi quattro anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale. Un conflitto dal quale la Danimarca rimase fuori, ma che abbatté qualsiasi principio di comunione e fratellanza tra i popoli coinvolti. Himmelskibet riflette così sulla sua epoca e sulla natura dell’uomo (contemporaneo), diversa e in opposizione a quella di un altro da sé (il marziano) che ha invece abbandonato la violenza e che va predicando perdono e amore. Tutto quello che si è perso sulla Terra. Ecco che il racconto di fantascienza si fa apologo morale, forse un po’ naif visto con gli occhi di oggi ma comunque antesignano di molti temi presenti nel cinema di quel genere (pensiamo ad esempio ad Avatar o ad Arrival). Altro motivo ricorrente: il viaggio del protagonista è anche un viaggio interiore, in questo caso nel segno della virtù e della divina provvidenza (con tanto di citazione dantesca: nel Quinto Cielo del Paradiso, il Cielo di Marte, il Poeta colloca gli spiriti combattenti per la fede).

Anche visivamente Himmelskibet risente dell’immaginario di quel tempo. Il periodo tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento è infatti l’era pionieristica dell’aviazione e delle esplorazioni nelle terre estreme (nel 1909 l’americano Robert Peary afferma di essere arrivato con le slitte al Polo Nord sebbene l’esito della sua spedizione sia stato messo in dubbio da recenti ricerche) e alle immagini di aviatori ed esploratori sono in parte debitori i costumi e la scenografia del film. La navicella spaziale Excelsior è più simile a un aeromobile che a un mezzo fantastico tecnologicamente avanzato e il suo interno sembra quello di un sottomarino. In alcuni momenti sembra aver già fatto scuola il cinema di George Méliès e il suo Viaggio sulla Luna, punto di congiunzione tra la letteratura di Verne e Wells e il cinema di fantascienza.

Vito Miraglia – giornalista